Psicologo per disagio infantile
Chi è uno psicologo infantile?
Lo psicologo infantile si occupa delle problematiche dello sviluppo dei bambini.
Lo psicologo dell’età evolutiva si interessa delle difficoltà riscontrate dal bambino durante le varie fasi della crescita e del suo sviluppo.
Come lavora uno psicologo dell'età evolutiva?
Nel lavoro clinico con i bambini lo psicologo dell’età evolutiva utilizza principalmente strumenti che permettono l’emergere di contenuti verbali e non verbali che saranno utili per la comprensione del funzionamento psichico del bambino, ma allo stesso tempo che non siano percepiti come “invasivi”.
Il gioco assume una grande importanza nel contesto della psicologia infantile. I materiali più utilizzati sono: le costruzioni, la plastilina, la sabbia cinetica, i personaggi che rappresentano una famiglia, ma anche i giochi strutturati come puzzle e giochi da tavolo sono estremamente utili per il lavoro clinico con i bambini.
Un altro strumento significativo è il disegno. Attraverso l’attività grafica, infatti, è possibile aiutare il bambino a far emergere i propri contenuti emotivi con maggior facilità con l’ausilio di matite, pastelli e pennarelli.
Le emozioni espresse attraverso il gioco o il disegno spesso sono proprio quei contenuti che risultano difficili da gestire e digerire dal bambino. Giocare, disegnare e costruire sono attività che aiuteranno il bambino, grazie al supporto dello psicologo infantile, ad elaborare e risolvere i propri conflitti interiori.
Quando contattare uno psicologo dell’età evolutiva?
Richiedere l’aiuto di uno psicologo dell’età evolutiva non deve spaventare e quando si percepisce una forma di disagio da parte del bambino è bene intervenire il prima possibile.
Durante l’età evolutiva, i disagi manifestati dal bambino possono essere molteplici. Alcuni possono risultare passeggeri, altri potrebbero durare nel tempo. Per un genitore non è facile valutare la gravità della situazione e i comportamenti di un bambino.
Lo psicologo infantile può aiutare i genitori a capire gli atteggiamenti del bambino e individuare le problematicità.
Nei bambini la capacità di esprimere un disagio difficilmente passa attraverso il linguaggio verbale. il disagio viene spesso trasmesso con sintomi e comportamenti.
I bambini possono manifestare il loro disagio attraverso comportamenti di opposizione estrema alle figure adulte di riferimento (“capricci” interminabili e apparentemente immotivati), oppure attraverso sintomi d’ansia, mutismo selettivo, eccessi di aggressività, difficoltà ad addormentarsi e ad alimentarsi, enuresi ed encopresi.
Spesso i bambini presentano cefalee (mal di testa), vomito o mal di pancia senza che sia presente un reale riscontro medico di malattia.
Lo stile educativo incide sul disagio infantile?
In questa fase della vita, i bambini non sono ancora autonomi e la loro posizione dipendente li rende particolarmente sensibili alle dinamiche familiari, scolastiche e sociali, creando spesso una diretta corrispondenza tra ciò che manifestano e ciò che accade intorno a loro.
A volte non ci pensiamo, eppure anche alcuni stili educativi possono risultare in relazione con una certa disfunzionalità emergente nel bambino. Ad esempio, presentare quotidianamente una modalità iperansiosa, come se il pericolo fosse sempre dietro l’angolo, nel tempo potrà sviluppare nel bambino il timore della disapprovazione che si può tradurre in paura di sbagliare o in un basso livello di autostima.
Questo atteggiamento, inoltre, potrà rendere il bambino incapace di tollerare ed elaborare positivamente le frustrazioni e le delusioni legate alle fasi della crescita.
Lo stile educativo che tramettiamo ai nostri bambini, dunque, incide moltissimo nella comparsa o meno di disagi espressi dal bambino.
Il ruolo dei genitori nella fase di crescita del bambino
Si può definire infanzia quella fase della vita in cui i genitori sono essenziali, prima per l’esistenza stessa del bambino e in seguito per un suo sano sviluppo psichico e mentale, ma non esiste un unico modo di essere bambini e l’infanzia infatti ne include diversi, più degli altri periodi dell’esistenza umana.
Prima di iniziare l’analisi con il bambino, è importante incontrare i suoi genitori almeno per un colloquio preliminare, anche in presenza del bambino stesso. Comprendere la situazione attraverso gli occhi dei genitori è alquanto essenziale; così come valutare le loro differenti motivazioni alla terapia. È infatti del tutto inutile prescrivere che un bambino venga sottoposto ad analisi se i genitori non sono ancora pronti e disposti a collaborare. Spesso non sono convinti della necessità di una terapia per il loro figlio, cosa che può risultare evidente fin dal primo colloquio, quando mostrano chiaramente il desiderio di essere aiutati per poter trattare essi stessi il loro piccolo.
Dopo aver instaurato una giusta alleanza terapeutica con i genitori, sarà importante esaminare lo stato del bambino per poter iniziare una vera e propria terapia.